Le scienze sociali considerano la solitudine un effetto tipico delle società contemporanee. Aristotele sosteneva che l’uomo è un “animale sociale” e quindi non adatto all’isolamento. Ma la solitudine è anche mancanza di affetti e di sostegno concreto e psicologico, disadattamento, senso di inadeguatezza.
Riguarda tutti noi, almeno una volta nel corso della vita ci è capitato o accadrà in futuro di ritirarci, confusi e desolati, nella solitudine, a disagio in un mondo troppo veloce, incapaci di adattarci ai cambiamenti, alle scadenze, alle aspettative della società.
La solitudine è diffusa a tutti i livelli e a tutte le età. E’ quella dell‘anziano abbandonato, che non ha le risorse economiche o psicologiche per cavarsela da solo e non ha più progetti su cui investire. E’ quella del giovane che si sente incompreso all’interno della famiglia e che non riesce ad adeguarsi al conformismo e che deve misurarsi con un mondo del lavoro spietato e incerto. E’ quella della donna, che sente di avere un ruolo in casa che non riconosce proprio, è quella del single non per scelta, che soffre della mancanza di una famiglia sua.
Può essere quella del lavoratore licenziato ed estromesso dal mondo produttivo, governato dalle sue ferree leggi.
Lo sviluppo economico ha generato un individuo la cui vita ruota attorno ad ristretta cerchia familiare e ai propri interessi. La competitività, imposta dalla società moderna non ammette tregua e non lascia molto spazio al dialogo e alla condivisione di momenti di festa. Viviamo con la sensazione di non essere mai veramente arrivati e con un senso costante di ansia.
La solitudine però non dovrebbe essere vissuta solo come una patologia, un momento di disagio e isolamento. Può essere anche una meravigliosa opportunità di sviluppo e di benessere interiore, un’occasione per imparare a stare con noi stessi, per ascoltarci.
Alcune attività umane necessitano l’isolamento per far si che ci si possa esprimere. Non esiste creatività artistica senza concentrazione e isolamento. Così lo scrittore, il pittore, il pensatore, sentono l’esigenza di estraniarsi per poter offrire al mondo il loro prodotto interiore. Qualsiasi attività comporti l’uso dell ‘intelletto richiede solitudine, lo studio, la lettura, la riflessione, l’introspezione.
Infine è forse l’incapacità di stare da soli che denota un malessere interiore, un’ inadeguatezza personale.
Gli stessi psicologi infatti, sostengono che l’acquisizione della maturità psicologica così come l’autorealizzazione personale, ci portano in più di un’occasione nel corso dell’esistenza, a cercare, almeno per per qualche tempo, la solitudine. Si può quasi dire che isolarsi diventa a volte una necessità dell’anima.
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